"Se lasciassero tutto l'anno Piazza del Campo con il tufo, noi ci gireremmo tutti i giorni, anche a ottant'anni".
Continuano le interviste ai “ragazzi” che hanno corso solo la Tratta o le prove. In questa puntata abbiamo parlato con Giorgio Satini, che ha corso tre prove nella Selva nella Carriera del 16 agosto 1990: ecco l'intervista che ha rilasciato alla Voce del Palio.
Parlaci del tuo avvicinamento al mondo del Palio di Siena
Iniziai solo per passione dei cavalli poi mi avvicinai a Canapino. Dopo tanti insegnamenti suoi e di altre persone che erano lì in scuderia da lui, esordii a Monteroni: era il 1983. Iniziarono poi buoni risultati in corsa e la competizione iniziò a “entrarmi dentro” e dissi: “proviamoci”.
A quel tempo chi erano le persone che lavoravano alla scuderia di Canapino?
Ovviamente c'era Lorenzo Viti, poi anche Truciolo, Nuvola, Giamburrasca (fratello di Pennello n.d.r) e Silvio Etrea detto Silvio. C'erano anche altre persone che non erano fantini come l'ex barbaresco della Torre Stefano Chellini e Pietro Tolu dell'Oca: erano tutti uomini di cavalli che a me hanno insegnato molto e che venivano tenute in grande considerazione.
Quando è stato il tuo esordio assoluto in Piazza del Campo?
E' stato in occasione delle Prove di Notte con Valsandro nel 1985. L'anno dopo feci poi la prima Tratta con Sir Brunetto (che in realtà era Paperino che corse un Palio nell'Onda n.d.r) : sia Valsandro che Sir Brunetto erano cavalli talmente esperti che ti portavano in giro loro. Valsandro (corse tre Carriere negli Anni Ottanta n.d.r) era un cavallo di cuore e facile anche se in corsa dava qualche problema.
Le Prove di Notte in quegli anni avevano un fascino tutto particolare...
Sì, c'era la gente in giro per Piazza e noi passavamo nel “viottolo” centrale anche se poi, con il passare degli anni, iniziò a diventare pericoloso perché c'era troppa gente in pista.
Hai corso tante Tratte: raccontaci come era vissuta da voi fantini
C'erano 20 cavalli per 50 fantini, se il proprietario ti diceva di spingere dovevi farlo altrimenti non avresti rimontato, dovevi guadagnarti la monta e fare quello che ti dicevano altrimenti avevi chiuso. Oggi invece ci sono troppi cavalli e pochi fantini anche se indubbiamente sono tutti ragazzi bravi e allenati.
Hai mai avuto la possibilità “concreta” di esordire?
Di contatti ne ho avuti tanti, mi fu chiesto di andare a lavorare alle scuderie di fantini più quotati di me e anche in ippodromo da persone di loro fiducia ma io ho sempre rifiutato perché avevo la scuderia mia e non ho mai voluto fare questi cambiamenti. Io avevo fatto 5-6 anni con Canapino poi avevo fatto scuderia per conto mio, avevo i cavalli in allenamento in campagna e a Pian delle Fornaci, nella vita ho sempre fatto quello che mi piace fare.
Tra i cavalli che hai montato per la Tratta, chi è stato quello con più “potenziale”?
E' difficile da dire, Brandauer ad esempio è stato un cavallo di qualità, aveva vinto anche all'Ippodromo delle Capannelle a Roma ma era problematico, se rimaneva solo non si impegnava, tendeva ad aspettare gli altri e cercava i colonnini. Piazza del Campo non era proprio il “suo”.
Nella Carriera del 16 agosto 1990 corresti le prime tre prove nella Selva su Galleggiante: raccontaci questa tua esperienza.
Il giorno dell'Estrazione delle Contrade il Capitano Fabio Rugani mi convocò e disse: “Se la Selva esce si parte con te poi si guarda dove si arriva”. Nella Tratta di quel Palio mi complicai la vita, montai Rocco F, un cavallo che non conoscevo: caddi a San Martino e mi fratturai la clavicola. La prima sera montai grazie alla pomata cortisonica che mi fu data dalla mamma di un guardia-fantino che era infermiera. Per montare la mattina dovetti fare una bella doccia calda per muovere il braccio, stavo zitto pur di tenere ancora il giubbetto anche se sapevo che sarei sceso. Nelle prime due prove mi fu chiesto di partire mentre nella terza di lasciar scorrere il cavallo anche se era difficile con un braccio solo.
Hai parlato di Fabio Rugani: un tuo ricordo di questo grande personaggio?
E' stata una persona molto importante non solo dal punto di vista contradaiolo ma anche al livello di tessuto sociale della Città. Aveva un grande carisma, persone come lui non vanno mai dimenticate perché farlo sarebbe come “uccidere il Palio”.
Raccontaci le tue esperienze negli altri palii italiani
Una volta feci la batteria a Castel del Piano poi però venni via perché avevo un impegno con la Selva e dopo montarono Dario Colagè; da lì poi cambiarono anche il regolamento. Ho fatto il primo palio a Bomarzo poi ho corso anche ad Asti, a Lanciano e a Rimini.
Che differenza tra i cavalli dell'epoca in cui montavi te e quelli attuali?
Quando montavo io c'erano anche i purosangue e un purosangue preparato a modo ha sempre una marcia in più, i cavalli di adesso sono più preparati anche se ovviamente la potenza è minore. Anche la pista stessa è cambiata molto da quando montavo io.
Parlaci di Brandauer, questo cavallo che ha corso il Palio del 2 luglio 1992 nella Civetta e che è nella tua scuderia.
Ha 30 anni, sta bene, mia nipote lo voleva portare a Siena a fare una passeggiata sulle lastre ma non è un cavallo gestibile. Viene montato e fa le sue galoppate, a lui piace sentirsi “vivo”. E' ancora molto “impegnativo” da montare.
Cosa ti ha lasciato il Palio come sensazioni?
Da una parte l'amarezza di non poterlo correre e dall'altra di averci provato. Se lasciassero tutto l'anno Piazza del Campo con il tufo, noi ci si girerebbe tutti i giorni, anche a 80 anni.
Francesco Zanibelli